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La "posa" di Cortale
La suggestiva cittadina di Cortale è posta tra le fiumare Pilla e Pesipa ad un’altezza di 400 m slm tra la Piana di Lamezia Terme e l’istmo catanzarese; le amene vallate con splendidi boschi di castagno e faggio che lasciano gradualmente il posto alle pinete, arrivano fino ad un’altitudine di 800 m slm. Grazie ad un terreno fresco, fertile e ricchissimo di acqua si coltivano grano, mais, ortaggi e soprattutto i rinomati “fagioli di Cortale”.
Padre Giovanni da Fiore già nel 1691 indicava Cortale quale villaggio di Maida e rifacendosi al cinquecentesco Barrio ne esaltava il territorio “fecondo di frumento ed altre messi, atto al pascolo, all’uccellaggione ed alla caccia”. John Arthur Strutt nel suo avventuroso viaggio in Calabria del 1841, da bravo artista esaltò i paesaggi boschivi ma anche le delizie gastronomiche e l’abbondanza delle pietanze di Cortale citando tra le colture di legumi i “campi di lupini”.
I paesaggi rurali del luogo vengono ripresi anche dal famoso pittore ottocentesco cortalese, il garibaldino Andrea Cefaly. L’Italia agricola nei primi anni postunitari fu descritta dalla cosiddetta “Inchiesta Jacini” svolta dal senatore Stefano Jacini (per conto del governo tra il 1877 ed il 1882) il quale tra le sue descrizioni, riprese anche successivamente nelle Memorie del senatore Antonio Cefaly (1850-1928), descrive i fagioli di Cortale: “Si coltivano, con risultato tale da permetterne l’esportazione nei paesi vicini, le patate ed una quantità di fagioli bianchi, chiamati volgarmente rognone (reniformi, galletti) che sono di sapore squisito e di facile cottura”. Cefaly nel 1880 scrive: “Il contadino coltivatore di questo mandamento (…) si ciba di solo pane di granone ed alla sera mangia in seno alla sua famiglia una minestra di erbe e per lo più di patate o fagiuoli – un terzo di chilo – con scarsissimo o nessun condimento”. Nel 1933 si ha una prima descrizione e classificazione dei fagioli di Cortale ad opera di A. Montagna in un articolo intitolato “La coltivazione del fagiolo nel Maidese” apparso su “Calabria agricola”. Oltre alle varietà rampicanti egli descrive le “varietà nane più pregiate”: la Ziccarella, il Rognone, l’Ammelatella bianca, la Tonda bianca o a grappo, la Gialla, la Colostrina. Nel 1934 Montagna scrive ancora: “L’alimentazione (…) si compone essenzialmente (fagioli, zucche, patate, scariole, ecc.) lessate e condite con olio e sale in un grande bacile chiamato piatto”. Riportato nei testi di coltivazione erbacee come “fagiolo cortalese”, in realtà il fagiolo autoctono consta di differenti varietà coltivate da sempre nell’areale di Cortale. Gli ecotipi sono stati selezionati naturalmente negli anni dai contadini locali e la coltivazione della leguminosa viene tramandata con orgoglio da padre in figlio.
Fagioli la cui biodiversità viene ancora conservata contro l’erosione genetica delle varietà più “commerciali” cominciata già negli anni ’40. Denominazioni, definizioni e varietà di fagiolo sono state determinate nel tempo e custodite dai contadini del luogo i quali con rotazioni intensive biennali riuscivano ad ottenere quattro prodotti in due anni: mais con fagioli (o patate), grano, fagioli e loglio italico. Oggi addirittura qualcuno in serra sperimenta l’ottenimento di un doppio raccolto annuo di “posa”.
La “fagiola” pertanto costituisce il prodotto emblematico per l’intero comprensorio e da poco è stato valorizzato grazie al marchio De.C.O. (Denominazione Comunale di Origine) attribuito dall’amministrazione comunale guidata dal giovane sindaco (e agronomo) Francesco Scalfaro.
Le cinque varietà di fagioli De.c.o.
Le varietà di “posa” (forse da Phaseolum ?) localmente coltivate sono le seguenti: Reginella bianca (detta “ammalatèddha” poiché varietà più delicata e soggetta a malattie), Reginella gialla (detta a volte Cocò gialla piccola), Cannellina bianca (o Rognonella per la forma “a rene”, in dialetto “rugnùni”), Cocò gialla (detta “limunìdu” per il colore che richiama il limone), Cocò bianca. In linea di massima le varietà Reginella e Cannellina possono essere annoverate alla categoria dei fagioli bianchi italiani “cannellino” mentre le varietà gialle appartengono probabilmente al gruppo dei fagioli “zolfini”, entrambe di antica origine toscana. Le prime tre sono quelle più diffuse; si seminano a spaglio (circa 60-70 kg/ettaro di seme) alla fine di giugno e la raccolta avviene a fine settembre. Le varietà “Cocò” sono tardive e più resistenti, vengono seminate i primi giorni di giugno mentre la raccolta avviene ad ottobre. Tra le prime e le varietà tardive vi è una differenza di circa 20 giorni in termini di maturazione. La resa per tutte è di circa 15 q/ettaro.
La lavorazione del fagiolo di Cortale è tradizionale. Quando il baccello è maturo, le piante essendo di piccola dimensione, vengono estirpate a mano. Queste vengono riunite in mazzetti e appese su fili tesi anche su tre ordini oppure sugli alberi di fico più vicini. Quando i mazzetti sono quasi completamente secchi dopo circa due settimane, vengono distesi in terra in strati sottili per evitare i marciumi dovuti a ristagni di umidità nella parte ancora verde. Quando la pianta è completamente secca avviene la battitura manuale: il baccello rimane attaccato al fusto ma si apre completamente ed i fagioli “saltano” fuori. Segue la separazione manuale tra i resti della pianta e la granella tramite l’agitazione dei crivelli (o “crivi”) sotto vento come si faceva per il grano. A questo punto si effettua la selezione manuale (“spulicatùra”) del prodotto migliore per la quale, un tempo come oggi, veniva coinvolta tutta la famiglia e gli amici che attendono l’appuntamento autunnale per scegliere con soddisfazione, chiacchierando magari vicino al camino, i fagioli “più belli”. Di seguito i fagioli vengono adagiati al sole o in serra tunnel su teli per l’essiccazione completa. Questo consente loro di mantenersi intatti anche per due anni e di non mutare colore se non colpiti dalla pioggia. Per evitare lo sviluppo eventuale del Tonchio del fagiolo (“papùzza”), spesso i fagioli vengono tenuti per 4-5 ore in congelatore al fine di ucciderne le eventuali uova presenti. Successivamente vengono posti di nuovo al sole per poi essere conservati nei sacchi di yuta, in cassette o in ceste. Nel caso di appezzamenti coltivati molto vasti, l’estirpazione delle piante avviene a mano ma la separazione tra la pianta ed il fagiolo avviene però tramite fresa che funge così da battitore meccanico: le piante con una pala vengono poste sotto gli organi rotanti da un lato per cui dall’altro fuoriusciranno i fagioli e le piante ben separati tra loro. La raccolta e la selezione successiva per l’essiccazione completa al sole avverrà manualmente. Il prodotto viene venduto soprattutto sfuso direttamente in azienda o presso i mercati locali ad un prezzo che va da 5 a 8 euro/kg. Rinomata è la fiera di Borgia (CZ) che si tiene il 4 novembre di ogni anno e presso la quale si riesce a spuntare un prezzo anche superiore.
L’istituzione del marchio De.C.O. e l’introduzione di confezioni particolari oltre alla attivazione di azioni di promozione e di marketing (tra cui l’evento “La posa e la seta”), fanno sperare in una maggiore remuneratività e sviluppo del prodotto così come è accaduto per altri prodotti a Denominazione Comunale di Origine in Calabria. Anche a Cortale infatti grazie alle iniziative in corso si stanno riavvicinando alla coltivazione del fagiolo tradizionale anche i giovani riuniti in cooperativa. Piccoli o grandi, di colore chiaro o scuro, i fagioli sono sempre stati apprezzati in cucina; nel Cinquecento erano considerati un alimento regale e facevano parte dei ricchi doni che i nobili dell'epoca si scambiavano in occasioni speciali. Una valenza che è andata perduta nel corso dei secoli, ma non nella cultura contadina, fino a rendere il fagiolo un ingrediente della cucina povera oggi pienamente rivalutataDal punto di vista gastronomico la “fagiolata” è pertanto una pietanza tipica di Cortale: la sagra del fagiolo con le fagiolate abbondanti si svolge generalmente in dicembre. La fagiolata viene preparata nelle classiche pignate in terracotta facendo cuocere a fuoco lento fagioli, acqua e sale. Ogni varietà ha tempi di cottura differenti. Generalmente le varietà Cannellina bianca e Cocò gialla (che a cottura diventa rossa) vengono consumate cotte e tal quali. La varietà Reginella viene anche aromatizzata nel piatto e si gusta con la pasta corta mentre la Cannellina viene cucinata anche con le scilatelle (tipo di pasta diffusa in Calabria); la Cocò gialla e la Cocò bianca si usano anche per la “zuppa di funghi e fagioli”. In genere il gusto della varietà Cannellina è più delicato mentre le varietà gialle risultano più digeribili. La varietà Cannellina (o Rognonella) in quanto più delicata e particolare nella forma, viene acquistata soprattutto per farne dono ad amici e parenti. Una recente ricerca su “Le leguminose da granella in Calabria” (2010) pubblicata dall’ARSSA in collaborazione con l’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria e l’ENEA, ha classificato e caratterizzato alcune delle varietà di fagiolo cortalesi e di alcune ne ha determinato la valutazione e la caratterizzazione sensoriale da cui si evincono interessanti peculiarità. La varietà Cocò bianca risulta quella con minore tempo di cottura (60 minuti). All’esame visivo in termini di resistenza alla cottura la granella tende a sfarinarsi mentre il colore si conserva. All’esame gustativo la buccia si dissolve facilmente, la polpa tende allo sfarinato, il gusto naturale risulta tra il dolciastro ed il sapido, il gusto condito è esattamente tra il dolce e l’erbaceo, il brodo risulta cremoso. A ciò possiamo aggiungere un indice di digeribilità alto ed un altrettanto alto indice di gradimento organolettico complessivo. La Cocò gialla invece presenta un tempo di cottura medio-alto (100 minuti), resiste maggiormente alla cottura rimanendo tendenzialmente integra ed il colore diventa di un rosso caratteristico. Al gusto la buccia tende a permanere coriacea e la polpa consistente. Il gusto naturale è tra il dolciastro ed il sapido ed il gusto condito è tra il dolce e l’erbaceo come per la Cocò bianca. Il brodo invece risulta acquoso. Gli anziani cortalesi ricordano la tradizionale modalità di assaggio dei fagioli: dentro la foglia più esterna e larga (brattea) del bulbo di cipolla rossa di Tropea utilizzata come cucchiaio !
Ulteriori utili iniziative di ricerca sono in corso da parte del Dipartimento BIOMAA dell’università reggina e da parte dell’Istituto di genetica vegetale del CNR di Bari. Oggi, il sig. Rosario Fruci, energico agricoltore sessantenne ci racconta che “coltiva i fagioli in contrada Cancello a Cortale sin da piccolo e prima di lui lo faceva suo padre, seminando con attenzione le varietà ereditate, in quantità di 2,5 tòmoli su circa 6 tumolàte di terreno” (ovvero: 135 Kg per circa 2 ettari). Egli è visibilmente fiero della propria produzione tradizionale e del fatto che anche altri agricoltori del comprensorio attingono dalla sua granella per rinnovare periodicamente le proprie coltivazioni. Un esempio concreto e mirabile di generosa salvaguardia della biodiversità. Un esempio importante tra tanti, genuinamente inconsapevole e spontaneo, tipico della cultura contadina calabrese.
(Copyright 2010: Testi e foto di Rosario Previtera; Foto in bianco e nero tratte dal video "A posa de Curtale" a cura del Gruppo folklorico "I Curtalisi", per gentile concessione)